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n provincia di Verona, un’irruzione notturna finisce in tragedia: gas, esplosione, crollo dell’immobile, vittime e feriti mentre si esegue uno sfratto forzato.
Un boato devastante ha squarciato la notte a Castel d’Azzano, poco fuori Verona, causando la morte di tre carabinieri e il ferimento di oltre una quindicina tra militari, polizia e vigili del fuoco. L’operazione di sgombero era diretta contro tre fratelli — Franco, Dino e Maria Luisa Ramponi — che, secondo gli inquirenti, avrebbero saturato l’edificio con gas prima dell’irruzione per impedire l’esecuzione del provvedimento giudiziario.
Tra le vittime figura il Luogotenente Marco Piffari, accanto a lui il Carabiniere Scelto Davide Bernardello e il Brigadiere Capo Valerio Daprà. Le squadre speciali dell’Arma, insieme agli operatori dell’Uopi e ai vigili del fuoco, stavano entrando con cautela, consapevoli delle minacce passate: già in precedenza i tre fratelli avevano avvertito che sarebbero disposti a far saltare tutto pur di non lasciare la proprietà.
L’esplosione è scattata all’apertura dell’ingresso — probabilmente a causa di una scintilla che ha innescato le bombole — e ha travolto gli agenti e i pompieri, causandone il crollo totale. L’immobile su due piani è collassato, rendendo la scena simile a un teatro di guerra.
Diciassette persone tra carabinieri, poliziotti e vigili del fuoco risultano ferite, ma nessuna in imminente pericolo di vita secondo fonti sanitarie locali. Due dei fratelli, Maria Luisa e Dino, sono stati trovati all’interno del casolare con gravi ustioni e sono attualmente ricoverati, mentre Franco, inizialmente fuggito, è stato catturato poco dopo in una campagna vicina.
Il procuratore capo Raffaele Tito ha parlato di omicidio volontario e premeditato e sta valutando l’ipotesi di strage, sostenendo che non ci sia “alcun dubbio” sulla natura dolosa dell’azione. Sono state rinvenute 5-6 bombole nel casolare e si attendono i filmati delle bodycam per integrare la ricostruzione. Prima dell’esplosione alcuni operatori avrebbero udito un sibilo sospetto, forse legato alla fuoriuscita del gas.
Le reazioni istituzionali sono state immediate: il presidente Mattarella ha espresso “sconcerto e profondo dolore”, mentre la premier Giorgia Meloni ha richiamato il sacrificio di chi “serve lo Stato”, inviando vicinanza alle famiglie delle vittime e augurando pronta guarigione ai feriti. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha definito il bilancio “terribile” ricordando che, al momento dell’accesso forzoso, si è percepito l’odore del gas immediatamente prima della deflagrazione.
Secondo il sindacato dei Carabinieri (SIM), i tre militari deceduti erano impegnati a Padova e Mestre, e vengono descritti come uomini apprezzati, devoti all’uniforme e al servizio pubblico, fino all’estremo sacrificio. Il governatore del Veneto Luca Zaia ha fatto sapere che il boato è stato avvertito fino a 5 chilometri di distanza, definendo l’episodio “una tragedia che scuote tutto il Veneto”.
I precedenti indicano che già nel novembre 2024 i fratelli Ramponi si opposero a uno sgombero, saturando l’abitazione con gas e minacciando di far saltare tutto, salendo anche sul tetto con taniche di benzina. Allora l’intervento dei vigili del fuoco e dei carabinieri evitò il peggio. Quel modus operandi tragicamente si è ripetuto stanotte con esiti mortali.
L’indagine prosegue con accertamenti forensi e interrogatori non appena i fermati saranno in condizioni. Le forze dell’ordine dovranno rispondere alle domande più drammatiche: come sia stato possibile prevenire una simile deflagrazione, quali errori — se ce ne sono stati — siano stati commessi e chi porterà la responsabilità di una notte di devastazione e lutto.