Morte Dj Fabo, verso l'assoluzione in Assise per Marco Cappato

23 Dicembre 2019   10:16  

Una sentenza di assoluzione 'annunciata' è quella che verrà pronunciata oggi dai giudici della Corte d’assise di Milano per Marco Cappato, imputato per aiuto al suicidio per aver accompagnato Fabiano Antoniani, noto come deejay Fabo, in una clinica svizzera a morire. Nell'udienza che inizierà a minuti, il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano tornerà a chiedere, come già fatto il 14 febbraio 2018, l'assoluzione dell'imputato.

In un breve intervento il rappresentante della pubblica accusa, rifacendosi a quanto stabilito nella sentenza storica della Consulta dello scorso 25 settembre - che ha escluso in determinati casi la punibilità dell’aiuto al suicidio - chiederà la non punibilità di Cappato che il 27 gennaio 2017 aveva accompagnano il 40enne milanese, rimasto cieco e tetraplegico dopo un incidente in auto, nella struttura Dignitas.
 
"E' stato un atto di disobbedienza civile. Noi chiediamo un'assoluzione sulla base dei principi costituzionali: nella nostra Costituzione c'è un diritto all'autodeterminazione, quale è stato quello di Cappato", le parole tuonate a febbraio in aula dall'avvocato Filomena Gallo, segretario dell'associazione Luca Coscioni, - davanti alla mamma di Fabiano, la signora Carmen Carollo e alla fidanzata Valeria Imbrogno -, prima che giudici di Milano sollevassero la legittimità costituzionale sul caso citando la Costituzione e la Convenzione dei Diritti dell'Uomo per rimarcare "i principi della libertà di ciascun individuo di decidere come e quando morire". 

Se la corte assolveva l'imputato riconoscendo a Cappato di non aver rafforzato la volontà di Fabiano di porre fine alla una vita, allo stesso tempo rimandava alla Consulta gli atti per decidere le sorti giudiziarie dell'imputato e stabilire fino a dove si spinge il "principio di autoderminazione" e il diritto alla vita. Oggi ancora con più forza la difesa chiede l'assoluzione dall'articolo 580 del codice penale che disciplina l'istigazione o l'aiuto al suicidio. La Consulta, lo scorso settembre, ha escluso in determinati casi la punibilità dell’aiuto al suicidio e ha stabilito che saranno le strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale a verificare l’esistenza delle condizioni che lo rendono legittimo. 

Condizioni che ricorrono, per esempio, quando si tratta di una persona tenuta in vita con l’idratazione e l’alimentazione artificiale in quanto soffre di una malattia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma che resta tuttavia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Inoltre, ha stabilito che spetterà a un organo collegiale, cioè il Comitato etico territorialmente competente, garantire la tutela delle "situazioni di particolare vulnerabilità" e che non ricadrà sui medici l’obbligo di prestare l’aiuto al suicidio. 


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