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Il recente report Istat sulle strutture per l'infanzia in Italia ha rivelato un panorama allarmante: più di due terzi dei bambini nel paese non hanno accesso ai servizi di asilo nido. La frequenza di servizi educativi per la prima infanzia, destinati a bambini di età 0-2 anni, è inferiore alla media europea, con solo il 33,4% dei bambini nella fascia di età coinvolta.
L'Italia si colloca dietro a paesi come Francia e Spagna, e molto distante da Olanda e Danimarca, che superano il 50%. Tuttavia, il 33,4% va ridotto, poiché include quasi il 5% di bambini di 2 anni iscritti alla scuola dell'infanzia come anticipatari, risultando che solo il 28% dei bambini in età da nido accede effettivamente al servizio.
Le liste d'attesa sono un problema diffuso, con il 49,1% dei nidi che le utilizzano, di cui il 63% sono nidi pubblici e il 40,7% privati che non possono accogliere tutte le richieste all'inizio dell'anno.
L'accesso al nido è prevalentemente riservato ai bambini di famiglie agiate e con genitori che lavorano. Nel 2021, il reddito medio delle famiglie che iscrivono i bambini al nido è stato di 19.800 euro, mentre per quelle che non utilizzano il servizio è stato di 16.100 euro.
Le differenze regionali sono evidenti, con l'Umbria in testa con il 43,7%, seguita dall'Emilia Romagna con il 41,6%. Le regioni del Sud, al contrario, mostrano una copertura molto bassa, con la Campania al 11,7%, la Sicilia al 13% e la Calabria al 14,6%.
La situazione riflette anche la minore presenza delle donne nel mondo del lavoro nelle regioni del Sud, mettendo in luce la disparità nei servizi per l'infanzia in Italia.