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Il padre del trentenne deceduto a Pescara dopo l'intervento della polizia solleva interrogativi sull'uso del taser, mentre la Procura indaga su una rissa precedente e su possibili responsabilità.
La tragica scomparsa di Riccardo Zappone, trentenne pescarese, avvenuta il 3 giugno 2025, continua a sollevare interrogativi sull'uso del taser da parte delle forze dell'ordine. Il giovane è deceduto in ospedale per un arresto cardiocircolatorio dopo essere stato colpito con l'arma elettrica durante un intervento della polizia.
Il padre, Andrea Zappone, noto docente di musica, ha espresso dubbi sulla necessità dell'uso del taser, sottolineando che il figlio era affetto da disturbi psichici e già noto alle forze dell'ordine. "Era davvero necessario utilizzare quella pistola elettrica?", ha dichiarato, chiedendosi se non fosse stato più opportuno chiamare il 118 e disporre un trattamento sanitario obbligatorio, come avvenuto in precedenti occasioni.
Poco prima dell'intervento, Riccardo aveva telefonato al padre, apparendo particolarmente agitato. Il genitore, col senno di poi, si rammarica di non aver dato maggiore importanza a quella chiamata.
La Procura di Pescara ha avviato un'indagine sull'accaduto, aprendo due fascicoli: uno per lesioni aggravate a carico di tre persone coinvolte in una rissa con Zappone prima dell'arrivo della polizia, e un altro per omicidio colposo contro ignoti. Secondo le prime ricostruzioni, il giovane sarebbe stato aggredito con un bastone di legno in un'officina del quartiere San Donato.
Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, ha annunciato accertamenti sull'uso del taser, definendo la vicenda una tragedia che addolora. Il vicepremier Matteo Salvini ha difeso l'uso dell'arma elettrica, sostenendo che in molte situazioni ha evitato reati.
L'autopsia sul corpo di Riccardo Zappone è stata effettuata, ma i risultati non sono ancora stati resi noti. Nel frattempo, la famiglia chiede verità e giustizia per una morte che, secondo il padre, poteva essere evitata.