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L'Aquila, 2.500 giorni fa il terribile sisma che ha cambiato la geografia di un'intera regione.
309 morti in maggioranza studenti e studentesse di ogni parte d'Italia.
Alle 3.32 di quel 6 aprile 2009 oltre 100mila persone gridavano di paura, letteralmente terrorizzate dalla possente scossa che ha squassato i sentimenti di un popolo fiero ed orgoglioso.
Alle 3.33 già qualcuno rideva...
Dopo di ciò una lunga sequela di appalti, corruzione, inchieste, accuse e assoluzioni più o meno piene.
Per ora un solo colpevole accertato e detenuto in carcere, Livio Bearzi, il preside del Convitto aquilano.
L'uomo aveva già vissuto un sisma devastante, è infatti originario di Cividale del Friuli e per questo motivo possiede una certa 'cultura sismica': nel 1976, durante una forte scossa di terremoto, si trovava nel convitto dove studiava e si salvò per miracolo.
L'esperienza lo aveva indotto a valutare anche i rischi per il convitto aquilano Domenico Cotugno, dove era stato appena trasferito: l'edificio presentava alcune crepe e secondo il dirigente scolastico non era sicuro. Lo aveva anche fatto presente alla Provincia, ma nessuno ascoltò il suo appello.
Oggi, a sei anni di distanza dalla spaventosa scossa che colpì L'Aquila, Bearzi è stato l'unico colpevole con sentenza definitiva: in particolare, la Cassazione ha stabilito che l'uomo è responsabile di omicidio colposo per la morte di tre studenti e il ferimento di altri due a seguito del crollo del convitto nella notte del 6 aprile 2009.
I funzionari della Protezione Civile, quelli degli enti locali e gli 'esperti' della Commissione Grandi Rischi sono stati tutti assolti perché non potevano prevedere il terremoto, mentre Bearzi avrebbe dovuto impedire agli studenti di dormire nel convitto ed è stato condannato a quattro anni di reclusione.
Una beffa giudiziaria troppo pesante per l'unico uomo che aveva cercato, invano, di prevenire il disastro.