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Il tribunale dei ministri a Brescia ha archiviato le posizioni dell'ex premier Giuseppe Conte e dell'ex ministro della Salute Roberto Speranza indagati nell'inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della prima fase della pandemia in Val Seriana.
Lo confermano fonti giudiziarie. I giudici del Tribunale dei ministri - tutti civilisti, con la presidente Maria Rosa Pipponzi presidente della sezione Lavoro - hanno accolto la richiesta di archiviazione per l'ex premier Conte e l'ex ministro Speranza "perché il fatto non sussiste", sposando la linea della Procura di Brescia che aveva sollevato una serie di ragioni e di fatto che hanno smontato l'ipotesi accusatoria dei colleghi di Bergamo.
Secondo i giudici, "non è configurabile il reato di epidemia colposa in forma omissiva in quanto la norma in questione abbraccia la sola condotta di chi per dolo o per colpa diffonde germi patogeni e quindi la responsabilità per omesso impedimento di un evento che si aveva l'obbligo giuridico di impedire risulta incompatibile con la natura giuridica del reato di epidemia". E inoltre, si legge nel provvedimento di archiviazione "va innanzitutto detto che agli atti manca del tutto la prova che le 57 persone indicate nell'imputazione, che sarebbero decedute per la mancata estensione della zona rossa" ai comuni di Alzano Lombardo e Nembro, nella Bergamasca, "rientrino tra le 4.148 morti in eccesso che non ci sarebbero state se fosse stata attivata la zona rossa".
All'ex premier veniva contestata dalla Procura di Bergamo la mancata istituzione della zona Rossa nella Bergamasca ad Alzano e Nembro. Ma visto che "non risulta che il Presidente del Consiglio Conte, prima del 2 marzo 2020, fosse stato informato della situazione dei comuni di Nembro e Alzano Lombardo, stando all'imputazione" lui "avrebbe dovuto decidere, circa l'istituzione della zona rossa" il giorno stesso. E secondo il tribunale dei Ministri "si tratta, evidentemente, di ipotesi irragionevole".
- All'ex premier veniva contestata dalla Procura di Bergamo la mancata istituzione della zona Rossa nella Bergamasca ad Alzano e Nembro.
Ma visto che "non risulta che il Presidente del Consiglio Conte, prima del 2 marzo 2020, fosse stato informato della situazione dei comuni di Nembro e Alzano Lombardo, stando all'imputazione" lui "avrebbe dovuto decidere, circa l'istituzione della zona rossa" il giorno stesso.
E secondo il tribunale dei Ministri "si tratta, evidentemente, di ipotesi irragionevole".
"Posto che non risulta che il Presidente del Consiglio Conte, prima del 2 marzo 2020, fosse stato informato della situazione dei comuni di Nembro e Alzano Lombardo, stando all' imputazione, l'allora Presidente del Consiglio Conte - osserva il Tribunale - avrebbe dovuto decidere, circa l'istituzione della zona rossa, proprio il 2 marzo 2020, ossia non appena avuta informazione della situazione dei due comuni". Nell'ordinanza la presidente Maria Rossa Pipponzi precisa che "si tratta, evidentemente, di ipotesi irragionevole perché non tiene conto della necessità per il Presidente del Consiglio di valutare e contemperare i diritti costituzionali coinvolti e incisi dall'istituzione della zona rossa. Ed infatti l'istituzione della zona rossa comporta il sacrificio di diritti costituzionali quali il diritto al lavoro, il diritto di circolazione, il diritto di riunione, l'esercizio del diritto di culto".