Roma, Assedio a centro accoglienza: "Eritreo minacciava mio figlio in passeggino"

Rissa al Tiburtino, parla la donna sequestrata

31 Agosto 2017   10:42  

"Mi hanno chiuso dentro al centro, mi hanno trattenuto con la forza, mi hanno trascinato per 500 metri. Io volevo solo proteggere mio figlio e i miei nipoti". A parlare all'AdnKronos è Pamela.

Ieri sera è entrata nel centro di accoglienza del Tiburtino Terzo per cercare l'eritreo che, spiega, "aveva minacciato i suoi nipoti e il figlio" piccolino, di appena un anno e mezzo, scatenando una serata di ordinaria follia alla periferia est di Roma.

I LIVIDI - Prima di parlare, Pamela mostra le foto dei lividi, i segni delle dita sulle braccia, quelli del trascinamento a terra sulla schiena e sulle gambe, i lividi sul volto, a testimonianza della verità del suo racconto. Poi comincia dall'inizio, da quando ha visto i suoi nipotini tornare a casa in lacrime.

IL RACCONTO - "Ieri sera i miei nipoti di 10 e 12 anni stavano passeggiando insieme a un'amichetta di 15 anni: con loro avevano mio figlio, di un anno e mezzo, nel passeggino, stavano cercando di farlo addormentare - racconta la donna -. A un certo punto si è avvicinato questo eritreo, diceva cose che non capivano, si avvicinava al piccolino e lo indicava. Loro si sono spaventati, gli hanno detto di andar via, e lui gli ha lanciato contro i sassi. Sono tornati da me piangendo. Non ci ho visto più, ho preso con me il mio nipotino di 12 anni e sono scesa a cercarlo".

VIA DEL FRANTOIO - "Ho girato un po', poi, quando l'abbiamo visto, lui ha preso a correre e si è rifugiato dentro il centro di via del Frantoio - prosegue Pamela -. Io gli sono corsa dietro ma quando ho oltrepassato il primo cancello, me lo sono sentito chiudere dietro. Poi ho visto arrivare gli altri immigrati. Mi hanno buttata a terra, mi hanno tenuta giù, hanno preso mio nipote per il collo. Io urlavo, poi sono arrivate delle persone, residenti del quartiere, hanno aperto il cancello e siamo riusciti a uscire. Ma mi hanno preso di nuovo, mi hanno trascinato per 500 metri, prima che mi riuscissi a liberare".

LA PAURA - "Ho avuto paura, tanta. Poi ho scoperto che quell'uomo non sta bene mentalmente, che l'avevano cacciato dal centro perché aveva già creato problemi - aggiunge la donna -. Dell'accoltellamento non so nulla, non so che cosa è accaduto quando lui è entrato nel centro, non so quello che fanno tra di loro. Quello che so è che qui si ubriacano, danno fastidio, ma io voglio che i miei figli e i miei nipoti abbiano il diritto di passeggiare in pace".

L'ERITREO - Era stato espulso dal centro di via del Frantoio, il 40enne eritreo accoltellato nella notte durante lo scontro tra migranti e residenti del Tiburtino Terzo. L'uomo, forse affetto da problemi mentali, dopo essere stato allontanato aveva comunque continuato a orbitare nelle vicinanze del centro, dove spesso era visto girare, magari per raccogliere qualche cicca da terra. Non grave la ferita riportata per l'accoltellamento, anche se i medici stanno valutando un'eventuale operazione per un piccolo versamento interno.

LE INDAGINI - Quanto all'arma utilizzata, si potrebbe trattare di un piccolo coltello o addirittura di un arnese simile a una limetta, a quanto sembra emergere dal piccolo e sottile foro d'entata. Sul caso indagano i carabinieri: a quanto si apprende, non avrebbe voluto in un primo momento parlare con gli investigatori. La procura, in ogni caso, ha già provveduto a nominare per lui un interprete.


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